Come trovare un terreno comune tra ortodossi e protestanti:
risoluzione parziale delle difficoltà protestanti
con la teologia ortodossa
Lettore Daniel Lieuwen
Daniel Lieuwen, lettore nell'Arcidiocesi Antiochena Ortodossa d'America,
è un convertito all'Ortodossia dal Protestantesimo. Di professione
ricercatore informatico nel campo dei sistemi operativi, è autore
di uno studio storico sulla nascita del Canone del Nuovo Testamento, che
esamina molte pratiche a cui i protestanti muovono obiezioni, mostrando
come tali pratiche siano anteriori all'accettazione comune del Libro dell'Apocalisse
e alla rimozione di altri libri (come Il Pastore di Erma) dal Canone. In
questo saggio si occupa di due tipiche obiezioni protestanti all'Ortodossia:
la natura della fede e il valore delle icone.
La questione del Protestantesimo classico e dell'Ortodossia
sulla fede:
Qual'è la relazione tra fede e opere? Mentre vi sono forti differenze teoriche tra gli ortodossi e i protestanti classici sulla fede, esistenzialmente, il divario è meno severo. (Abbrevierò talvolta i "protestanti classici" come "protestanti" in questo brano: vi sono molti protestanti non classici di cui non considererò le idee. Coloro che pensano di poter avere Cristo come Salvatore ma non come Signore, mostrano uno spirito antinomico così estremo che è difficile considerarli cristiani anche nel senso più nominale della parola. I musulmani e gli ebrei ortodossi, con la loro riverenza per la legge di Dio sembrano più vicini allo spirito del cristianesimo di quanto lo siano questi "cristiani"). Sia gli ortodossi che i protestanti sono teoricamente d'accordo che senza l'azione di Dio nell'Incarnazione, l'uomo non può lasciare il proprio stato innaturale e peccaminoso, e giungere a Dio: ha bisogno della grazia. Avendo concordato su questo punto, essi sono in disaccordo sulla funzione delle opere. Parte del problema è che gli ortodossi sono ben più reticenti dei protestanti a parlare della salvezza come di un evento singolo. Piuttosto, la nostra salvezza e la nostra santificazione sono viste come parte di un processo continuo, cosicché per essere tecnicamente corretti non si potrebbe parlare di essere stati salvati senza parlare di essere nel processo della propria salvezza, e sperando infine di essere salvati al Giudizio Finale in modo conclusivo e decisivo.
È chiaro sia ai protestanti che agli ortodossi che le buone opere sono essenziali nel processo di santificazione. Esistenzialmente, i protestanti riconoscono che la vera fede deve necessariamente produrre buone opere. Se la fede di una persona non produce opere, essi avvertirebbero tale persona di considerare che potrebbe non avere una vera fede. Ciò a cui muovono obiezioni è il dire che queste buone azioni ci salvano. È pericoloso essere troppo precisi in queste materie. Sappiamo che Cristo dice che se lo amiamo gli obbediremo. Dobbiamo amarlo per entrare nel suo regno. Non possiamo amarlo senza fede. Non possiamo essere salvati senza la sua salvifica Passione e Risurrezione. Sappiamo che senza le opere la fede è morta. In tutti questi punti, protestanti e ortodossi sono d'accordo.
Le due posizioni sull'elezione dei protestanti partono con la stessa premessa di ``Sola Fide'' (per fede sola). Tuttavia, in pratica, per strade molto differenti, entrambi rendono questa dichiarazione molto meno estrema di quanto sembri a prima vista agli ortodossi.
Quei protestanti che credono (così come gli ortodossi) nella possibilità di perdere la propria salvezza, riconoscono che il peccato ripetuto e impenitente causerà la perdita della propria salvezza, perché coloro che vi indulgono alla fine si ritroveranno con una coscienza così indurita che la fede morirà. Pertanto, in tale posizione, le opere sono necessarie per la salvezza. (Giungeremo in seguito al caso speciale delle conversioni sul letto di morte.) Quelli che credono che non si possa perdere la propria salvezza usano un espediente differente. È chiaro che molte persone che vivono inizialmente in modo molto devoto finiscono per voltare le spalle a Dio. Coloro che credono nella sicurezza eterna di solito affrontano questi casi dicendo che chi si trova in queste circostanze non aveva mai avuto una vera fede. Tuttavia, sul piano esistenziale, tale persona è indistinguibile, nel proprio periodo pio, da chi di fatto persevererà sino alla fine. Uno non può sapere se si sta meramente ingannando o se ha una vera fede. Solo la perseveranza sino alla fine, che comporta buone opere compiute per gratitudine a Dio, dimostra la genuinità della fede in tale posizione. Tuttavia, ciò non è lungi da dire che le opere sono necessarie alla salvezza, per lo meno esistenzialmente.
Inoltre, gli ortodossi sono d'accordo nel dire che la fede è la più grande delle opere. Perciò, la persona che si converte sul proprio letto di morte o sulla croce, benché non abbia opere materiali, ha di fatto l'opera della fede. Ciò non è distante, nel concetto se non nella terminologia, dalla posizione sostenuta in materia da entrambe le scuole del protestantesimo.
Non ne derivo alcuna grande teoria riguardo a ciò che avviene
nei progetti eterni di Dio. Certamente, le briciole di opere della nostra
vedova non aggiungono niente all'infinita riserva di bontà di Dio.
E tuttavia, Egli le onora. Sulla terra, vediamo la necessità per
noi stessi delle buone opere per appropriarci del libero dono di Dio che
è la salvezza. Inoltrarci in speculazioni sulla funzione esatta
della grazia e delle opere sembra condurci alla fine a questa conclusione
La questione del valore delle icone nella vita cristiana:
Com'è che le icone sono di beneficio al vostro cammino con Dio?
Potrei procedere parlando della teologia dell'Incarnazione e di come l'apparizione
di Cristo nella carne santifichi tutta la materia. Potrei raccontare di
come certe parti del giudaismo nell'era del Nuovo Testamento usassero le
icone, e come l'uso cristiano possa essere considerato un proseguimento
della pratica ebraica della Chiesa, molto simile all'uso dei Salmi nel
culto pubblico e nelle ore di preghiera (Atti 3:1), continuato fino a oggi
nella Chiesa ortodossa e nei monasteri cattolici romani, e reintrodotto
nel protestantesimo al Taizé, in Francia. Potrei parlare dell'importanza
dell'obbedienza alla Chiesa. Tuttavia, temo che questi punti non vi impressionerebbero
molto, cosicché userò un approccio differente. Le icone ci
rimandano alla "grande nube di testimoni" che ci circonda. Vedere le icone
ci ricorda vite cristiane eroiche e ci stimola a emularle. Per esempio,
io possiedo icone dei due grandi santi missionari, i Santi Innocenzo d'Alaska
e Nicola del Giappone. Questi uomini diedero tutto di se stessi al Vangelo,
soffrendo molte privazioni, benché in modi differenti. le loro tecniche
missionarie sono studiate ancor oggi anche dai missiologi protestanti.
Vedere le loro icone dovrebbe ricordarmi (e talora mi ricorda) dell'importanza
dell'opera missionaria e di dare tutto di se stessi al Regno. Ho un'icona
dell'Apostolo Sila, il compagno dei viaggi di San Paolo. È il patrono
del Ministero Ortodosso delle Prigioni e delle Strade, e nell'icona indossa
catene di ferro. La sua icona mi ricorda di pregare per i prigionieri.
Ho un'icona di San Serafino di Sarov, donatami al convento che ho visitato
a San Francisco. Mi ricorda il convento. Mi ricorda pure il detto di San
Serafino: "Acquisisci lo Spirito Santo, e migliaia intorno a te acquisiranno
la salvezza." Potrei espandere questi esempi all'infinito. In breve, le
icone fanno la stessa cosa delle Feste della Chiesa (il Natale, la Pasqua,
l'Epifania che celebra il battesimo di Cristo): ci richiamano le parti
importanti della storia della salvezza, una storia che continua fino a
oggi. Ci ricordano che altri hanno fatto cose meravigliose per Dio, e ci
incoraggiano a farle a nostra volta, sapendo da questi esempi che ne abbiamo
la possibilità, se vorremo sforzarci a tal fine con l'aiuto di Dio,
ma solo se siamo disposti a dare in cambio non meno di tutto. In più,
le icone servono alla funzione di ritratti di famiglia. Così come
ho i ritratti della mia famiglia a casa mia, e i miei genitori hanno i
quadri dei loro antenati, così le icone sono i ritratti dei nostri
progenitori spirituali. Le custodiamo perché amiamo e rispettiamo
e abbiamo un grande debito nei confronti di coloro che ci hanno aiutato
a giungere alla fede, anche se molto indirettamente, convertendo qualcuno
che ha convertito qualcun altro... che ha convertito (o aiutato a rafforzare
nella fede o accrescere nella propria convinzione) qualcuno che ci è
stato di beneficio spirituale. Siamo tutti una famiglia, sia in cielo che
in terra. I membri di una famiglia amano avere i ritratti degli altri membri
della famiglia, perché vogliono loro bene. La conoscenza del mio
debito mi rende molto interessato a San Bonifacio, missionario in Frisia,
da dove proviene mia madre. Egli fu martirizzato là. Pertanto, ho
comprato libri che parlavano di lui. I miei genitori hanno trovato del
materiale che parlava di lui a Dokkum (dove fu martirizzato) mentre visitavano
i Paesi Bassi. Ho nei suoi confronti un grande debito, perché fu
la figura di punta della conversione dei miei antenati. Anche se non ho
ancora acquistato una sua icona (la sto cercando), ho trovato alcune belle
litografie nei libri che ho comprato. Vorrei acquistare un'icona, ma non
ne ho ancora trovata una. Potrei commissionarne una, così come qualcuno
potrebbe commissionare un ritratto di un distinto antenato, poiché
si tratta del mio antenato spirituale. Tuttavia, le icone non sono solo
i simboli del nostro amore. Non si limitano a richiamarci la "grande nube
di testimoni", ma ci aiutano a sperimentarla. La grande nube di testimoni
è là sia che ne siamo consapevoli o no. La sua presenza ci
è di beneficio sia che lo comprendiamo o no, poiché la Chiesa
militante e la Chiesa trionfante sono una Chiesa sola, e le preghiere in
cielo ci aiutano. Tuttavia, la nostra consapevolezza della "grande nube
di testimoni" ci aiuta in altri modi. Ci dà coraggio, poiché
ci sono intorno a noi coloro che ci amano e che vogliono ciò che
è meglio per noi. Scoraggia il vizio, poiché un ricordo che
siamo circondati da coloro che ci amano ci fa desiderare di evitare di
fare cose che potrebbero deluderli. Sperimentare la presenza dei santi
ci richiama la presenza di Dio: una cosa che dovremmo sempre avere in mente,
ma che frequentemente dimentichiamo.
Il testo originale inglese appare sul sito della Chiesa Ortodossa di San Nicola:
La traduzione italiana è stata riveduta dall'autore